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      I termini della «questione meridionale» vengono posti, in questo periodo, in modo netto. E spontaneamente, senza l'intervento di un fattore cosciente e senza nemmeno che il Partito socialista tragga da questo fatto una indicazione per la sua strategia di partito della classe operaia, si verifica in questo periodo per la prima volta il confluire dei tentativi insurrezionali del proletariato settentrionale, con una rivolta di contadini meridionali (fasci siciliani).
      13. Spezzati i primi tentativi del proletariato e dei contadini di insorgere contro lo Stato, la borghesia italiana consolidata può adottare, per ostacolare i progressi del movimento operaio, i metodi esteriori della democrazia e quelli della corruzione politica verso la parte piú avanzata della popolazione lavoratrice (aristocrazia operaia) per renderla complice della dittatura reazionaria che essa continua ad esercitare, e impedirle di diventare il centro della insurrezione popolare contro lo Stato (giolittismo). Si ha però, tra il 1900 ed il 1910, una fase di concentrazione industriale ed agraria. Il proletariato agricolo cresce del 50 per cento a danno delle categorie degli obbligati, mezzadri e fittavoli. Di qui una ondata di movimenti agricoli, e un nuovo orientamento dei contadini che costringe lo stesso Vaticano a reagire con la fondazione dell'«Azione cattolica» e con un movimento «sociale» che giunge, nelle sue forme estreme, fino ad assumere le parvenze di una riforma religiosa (modernismo). A questa reazione del Vaticano per non lasciarsi sfuggire le masse corrisponde l'accordo dei cattolici con le classi dirigenti per dare allo Stato una base piú sicura (abolizione del non expedit, patto Gentiloni). Anche verso la fine di questo terzo periodo (1914) i diversi movimenti parziali del proletariato e dei contadini culminano in un nuovo inconscio tentativo di saldatura delle diverse forze di massa antistatali in una insurrezione contro lo Stato reazionario.


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Scritti politici
Terza parte
di Antonio Gramsci
pagine 415

   





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