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      Ma invece, povero ragazzo, tutto si chiudeva lí, fra i cessi inglesi; l'anarchia si esauriva nelle parole feroci e nelle sgrammaticature abituali, e compiuto il suo dovere di riempitore di finche e di imitatore di Paolo Valera (imitatore dello stile, s'intende, non della voglia di andare in prigione), egli si toglieva la lustrina dalle maniche e ridiventava un modesto borghese bevitore di caffè-latte e di champagnini frappés. Con tali abitudini si capisce che i tumulti di piazza, gli scioperi, tutto il complesso del movimento operaio, insomma, gli sembrasse poco igienico da frequentare. Preferiva la chiacchiera del Mugna e lo studio di Torino sotterranea con documenti inediti e discoverte notevolissime.
      Cosí il nostro porcellino di terra s'era fatta la sua capanna e il suo cuore, e prosperava sotto l'umido suo sasso, quando la guerra venne. Il porcellino perdette la testa, pensò meno ai suoi carielli e ai cessi inglesi e si buttò nella mischia con tutta l'audacia della sua verginità grammaticale e cerebrale. La luce del sole, lo spazio molto largo dà sempre alla testa dei porcellini di terra e fa loro perdere la tramontana. Corrono da tutte le parti freneticamente, si ubriacano di movimenti e di parole. Cosí avvenne al nostro: l'aver un giornale, un quotidiano, capite, su cui versare tutta la piena dello spirito eroico accumulato in tanti anni e fra tante teorie di carielli e di cessi inglesi, che gioia, che bella festa! Suvvia, buttiamo via la lustrina dalle maniche, diritti i baffi, perdio, come s'addice a tanto compito.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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