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      Lo vietano forse i santi principî della lotta di classe?
      Ecco: la piccola ironia è di quelle che non attaccano. Perché i «santi principî», nel caso in parola, s'innestano in una ragione di convenienza morale che un giornale, come quello che con noi discute, non dovrebbe ricusare con tanta disinvoltura.
      Poniamo che le surriferite ragioni di principio siano metafisicherie inconsistenti. Un giurista non ha il dovere di giurare sul verbo della lotta di classe; la sua scienza, se non la sua pratica, è quasi sempre una sovrastruttura discretamente allegra. Ma il giurista non può sfuggire ad una plastica condizione di fatto: il Bauchiero è libero provvisoriamente e rimane sub judice, e finché codesta condizione dura, finché il dubbio permane sulla sua onestà, un certo ritegno di ogni simpatia s'impone per una ragione morale.
      Abbiamo sott'occhio la sentenza che rinvia anche il Bauchiero al Tribunale militare, e in essa, mentre è pressoché esclusa la responsabilità materiale del noto industriale massone, la responsabilità morale non è «smorzata».
      E allora ecco che noi abbiamo doppiamente ragione di aver scritto quanto adesso un avvocato-giornalista vorrebbe fare bersaglio di piccole ironie.
      (19 marzo 1916).
     
     
      LA CORTE DEI MIRACOLI
     
      Dunque a Torino, e precisamente nei prati di Vanchiglia, esisteva da tempo immemorabile un covo di malviventi. Costoro ogni sera si radunavano in folla, formavano degli assembramenti, tenevano dei pubblici comizi a malgrado del decreto luogotenenziale, avevano un buffet a loro disposizione, giocavano, complottavano, dividevano le refurtive, costringendo gli abitanti del rione a vivere in continua ansia e tremore.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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