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      È il modo di ripresentarsi in pubblico, di apparire alla ribalta circonfuso della gloria eroica del vecchio gladiatore che ha ripreso la spada per la beltà che lo aveva affascinato negli anni giovanili. L'intermezzo scompare, la vita dell'uomo pare culmini nei due momenti piú solenni: Garibaldi, Cadorna, i Mille e il milione. Ma l'illusione non dura, e per noi non sussiste neppure. Siamo troppo realisti nella valutazione della storia per lasciarci abbarbagliare da un fatto, da un uomo, da una data. Vediamo gli uomini operare, coscienti delle loro azioni, come una continuità morale che si rivela al pubblico nei momenti culminanti. E diciamo ai vari Riccardo Luzzatto che esibiscono il loro passato garibaldino:
      Nella vostra maturità, dopo i primi entusiasmi e i primi slanci della giovinezza, come avete affermato la vostra fede? Era una fede la vostra se cosí leggermente l'avete inzaccherata? Non si trattava solamente di un sussulto di nervi, di un fascino fisiologico dell'uomo dalla camicia rossa? Se fosse stata coscienza nuova, vita nuova, visione nuova dei fatti umani e delle lotte che bisogna combattere contro le ingiustizie, non avreste dovuto continuare anche nella maturità? Se è vero, come dicono gli inglesi, che in ogni aggregato umano c'è un decimo sommerso, non costituivate voi parte di quel decimo, che anche nei Mille doveva esistere? Perché non siete rimasto nell'ombra, a espiare e a far dimenticare? La leggenda garibaldina è troppo bella perché sia sopportabile che qualcuno la insozzi con la sua ingombrante persona.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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