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      Perciò la legge per combattere l'alcoolismo è errata nelle premesse, nelle disposizioni e nelle conseguenze.
      Crediamo anche noi che questa, come tutte le leggi in genere, non sia una perfezione, e che l'alcoolismo non sarà per scomparire per le sue disposizioni. Finché esisteranno il vino e gli uomini, ci saranno degli ubriachi e degli alcoolisti, e finché esisteranno certe condizioni sociali il numero di costoro sarà discretamente elevato. Ma la legge può ovviare a certe esagerazioni, può distruggere almeno una parte del male, e perciò è necessario che sia fatta osservare integralmente. Ogni legge fatta per l'utilità collettiva danneggia qualche singolo: ciò è ineluttabile. Il codice penale danneggia enormemente i ladri e gli assassini, ma tuttavia il signor Martinotti non accetterebbe di diventar presidente di una lega tra queste categorie di persone che anch'esse pagano le tasse e dànno lavoro (ai questurini per esempio). A Torino esistono 3000 esercenti degli ubriachi, cioè uno per ogni 150 abitanti; la legge vuol ridurli ad 800, e sarebbero ancora un discreto numero. Per accelerare questa riduzione, vorrebbero che si negasse ogni autorizzazione per apertura d'esercizio e che fossero proibite le cessioni e i passaggi. Quest'ultima disposizione fa saltare la mosca al naso al Martinotti: egli ricorda addirittura l'articolo 29 dello Statuto, il quale sanziona la inviolabilità della proprietà privata. Se un proprietario non può cedere o lasciare in eredità la sua proprietà non è piú proprietario, e quindi la legge è incostituzionale.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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