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      Il cittadino vuol mantenersi nella legalità. Egli è forse dei piú colpiti nell'attuale stato di cose borghese, ma vuole mantenersi nella legalità. Pensate: l'impiegato ha uno stipendio fisso, accertato fino all'ultimo centesimo dall'agente delle tasse che gli fa pagare 7,50 per cento di ricchezza mobile; ad ogni nuovo aumento di tasse e rincaro in genere della vita, tutti i fornitori si riversano sui clienti e chi sta peggio di tutti è l'impiegato che non può rifarsi su nessuno, che non è organizzato per la lotta di classe ed è tutto quanto alla mercé dei suoi principali. Il padrone di casa, che vuol mantenere intatto il suo reddito, distribuisce la nuova tassa sugli inquilini; l'esercente sui suoi clienti, il parrucchiere sui suoi pazienti, il cinematografo, il trattore... Nessuno vuole che la nuova tassa rappresenti un suo sacrificio personale, e la fa pagare agli altri. La macchina dell'economia borghese funziona magnificamente: ogni nuova gravezza va a schiacciare il consumatore, il proletario, ma se questi è organizzato, può almeno in parte rifarsi anch'egli e premere perché gli sia aumentato il salario. L'impiegato, no: il suo stipendio è l'ultima ruoticina dell'ingranaggio, quella che non ha nessun'altra presa che viene mossa dal colossale congegno, ma sbatte inutilmente le sue palette all'aria e macina solo lettere ai giornali e libri d'oro per chi è un po' misericordioso. Duecento franchi al mese (siamo larghi, via!); quindici lire di ricchezza mobile; dieci lire per pagare le tasse al padrone di casa; cinque per quelle del trattore, due per quelle del parrucchiere, ecc. ecc.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742