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      Dopo che vi siete avvelenati il sangue con la lettura di un paio di giornali, e non siete rimasti ossessionati solo perché ormai il vostro organismo è saturo di bluff, vi fa una certa impressione vedere insomma che c'è ancora chi gioca alle bocce e chi scattina e chi va a far le merende sui prati. Insomma c'è una certa quantità di gente per la quale la guerra non esiste, o, pur esistendo, non rappresenta niente di cosí grande, che possa turbare il pacifico scorrere delle ore. Una passeggiata al Valentino di domenica dovrebbe essere d'obbligo agli studiosi e agli scrittori di storia. Le loro opere future se ne gioverebbero, e come. Perché questa esperienza storica che da due anni stiamo osservando, ci ha procurato, tra le altre, una grande delusione e ci ha fatto diventare pessimisti. Non crediamo piú alle storie del passato. Esse tutte ci fanno ormai l'impressione di enormi, spudorate falsificazioni degli avvenimenti. E il modo ne è semplicissimo: si attribuisce ad un intero secolo ciò che ha potuto fare impressione per un anno, e a un intero anno ciò che ha suscitato l'interesse di un giorno e solo di una determinata categoria di persone. Sicché l'impressione che si ricava da queste poetiche ricostruzioni, è che per due, tre anni, per un secolo talvolta, un popolo intero sia rimasto sulla punta dei piedi, col naso per aria, col cuore in sussulto ad aspettare... Come volete, che con questo po' po' d'esperienza che abbiamo acquistato in due anni, si possa ancora credere a certe corbellerie?


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Valentino