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      Dunque il mio cameriere sostiene il fatale andare delle leggi economiche. Diminuiscono i fabbisogni, egli dice usurpando i termini agli Einaudi, ai Borgatta, ai Valenti, ai Dalla Volta, e naturalmente aumentano i prezzi. Però, soggiunge puntando il dito sulla fronte alta e intelligente, non bisogna credere che queste leggi siano proprio fatali. La loro fatalità è in funzione della società attuale, che ha una certa graduazione di ricchezza. E queste leggi economiche paiono create apposta per tutelare i sacrosanti diritti dei ricchi. Esse infatti rappresentano una forma di risparmio, un mezzo per impedire la dispersione di certi prodotti e serbarli cosí per il consumo di chi può spendere molto senza perciò sacrificarsi. Prenda l'esempio dei commestibili, della carne: prima della guerra il consumo ne era abbastanza diffuso anche negli strati piú umili. Guai se il prezzo si fosse mantenuto inalterato; dopo un certo tempo non solo gli umili avrebbero dovuto farne a meno ma, ciò che sarebbe stato gravissimo, anche i superi. Allora entra in azione il benefico controllo della legge economica, e ciò che sarebbe stato consumato da cento in un giorno, basterà per uno cento giorni. Cosí per tutti i generi. La trattoria è un gradino d'una scala. Vediamo a mano a mano passare scendendo tutte le categorie sociali; ieri si sono fermati quelli che potevano spendere 1, oggi sono qui quelli che possono spendere 2, domani saranno quelli che 3, e cosí via. I trascorsi si fermavano nei gradini sottostanti, e scenderanno sempre piú giú nel regno dei succedanei e dei surrogati.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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