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      Tanto piú che dovrebbe cominciare da se stesso e non si può domandare a nessuno il suicidio per dissesti morali.
      (20 maggio 1916).
     
     
      AUDACIA E FEDE
     
      «Io parlo audacemente e perché? Perché credo». Le parole di Gerolamo Savonarola servono di motto al giornaletto che dal suo nome si intitola. Parlare audacemente è sempre una bella cosa, quando l'ingegno dà alle parole un contenuto, e la forza morale che viene dalla convinzione sincera dà loro dignità di apostolato. Ma i giovani che compilano il «Savonarola» (alcuni di essi sono nostri amici personali e perciò ci permetteranno una certa rudezza di linguaggio) non ignorano anche che spesso l'audacia è prodotta da una completa incomprensione dell'argomento che si prende a trattare. A della gente che insiste continuamente sulla fede, sulla verità, sulla sincerità, non è permesso sfiorare con leggerezza offensiva idee e fatti che involgono la fede e l'entusiasmo di altri; perché allora l'audacia diventa impudenza, prosopopea, sopportazione, qualità tutte che non rientrano precisamente nella tradizione savonaroliana.
      Che abuso di vecchi clichés in un articolo del loro premier che si occupa di socialismo, che tanfo di cenci da rigattiere! Melensaggine nell'espressione dei luoghi piú comuni, completa deficienza di ogni nozione teorica e storica del movimento socialista. Concezione idilliaca del socialismo che dalla «bocca di Gesù ha tolto le parole di carità e di fratellanza», dopo averle spogliate della loro virtú religiosa.
      Storia: «Durante cinquant'anni di socialismo, il popolo quali progressi ha fatto?


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Gerolamo Savonarola Gesù