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      Giolitti che era un ultimatum, tanto piú pericoloso in quanto le sue bugie avevano contribuito potentemente a svegliare in molti italiani la fregola dei facili guadagni, della conquista di Bengodi, apportatrice di lauti e immediati guadagni piú che l'onesta operosità e lo sgobbare alla tedesca. La sfortuna dell'Italia consistette nell'essere un nome vano senza soggetto; non ci fu nessuno che allora cazzottasse Bevione e gli imponesse il dilemma di provare le sue affermazioni o di rimanere infamato dal marchio dei mentitori. I fatti travolsero tutto e tutti; dei ragionamenti Bevione rise e non rispose; lo scopo era raggiunto, la sua personcina di retore divenne l'esponente dell'Italia, della Patria e cosí arrivò in parlamento. Ma il partito non è un nome vano e senza soggetto. Alle menzogne ha opposto il duro cazzotto di Nino Mazzoni, ed ha imposto di provare. Il pennaiolo è stato colto in trappola. L'Italia è veramente in quel pugno, ed è essa, non solo il Partito socialista, che domanda a Bevione le carte, dura cosa per un corrispondente speciale, ma i cazzotti sono anche piú duri, ed i pregiudizi di cui si è schiavi vogliono anch'essi soddisfazione. Pertanto plaudiamo ai cazzotti, e auguriamoci che essi diventino un programma per liquidare i corrispondenti speciali, i pennaioli asserviti alla greppia.
      (12 giugno 1916).
     
     
      LA LAPIDE AL POLIZIOTTO
     
      Un nuovo comitato. Un nuovo presidente, nell'immancabile persona del senatore Teofilo Rossi. Una nuova lapide erigenda sulla facciata del palazzo della questura in memoria ed onore del comm.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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