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      Dovrebbero cercare di fare opera affinché tutti questi protestanti si persuadano che i gettiti statali e comunali devono trovare la fonte piú redditizia nella ricchezza consolidata e non nel consumo e che è dovere di ogni buon borghese denunziare chi elude e non farsi forte del fatto che qualcuno froda per frodare a sua volta.
      Ma quale dei moralisti tipo Einaudi osa arrivare fino alle estreme conseguenze dei suoi presupposti? Vorrà il comm. Alberto Geisser tradurre nella pratica della vita torinese, mediante la sua opera di consigliere comunale, la magnifica teoria della «Riforma sociale»? Quale degli amministratori tipo Rossi osa costringere almeno se stesso a dare tutto ciò che è morale dia all'erario? La coscienza tributaria della borghesia rimane sempre quella: gravare la mano indirettamente su tutti facendo abbassare il livello di vita generale, e lasciare immune la vera ricchezza, quella che avendo raggiunto un certo margine, non risente piú i contraccolpi degli avvenimenti e delle crisi.
      La massa è troppo amorfa e policroma e si lascia tosare senza proteste efficaci, la ricchezza è ristretta a pochi, ed a questi è piú facile strillare, dar gomitate, ridurre gli sportelli degli uffici in mercato di vociatari che fanno il gioco del tira e molla. Dove si dimostra che la borghesia, anche nelle migliori delle ipotesi, non ha la capacità di tassare se stessa equamente, e come la coscienza tributaria non riusciranno a fargliela acquistare che gli amministratori socialisti, indagando ed imponendo senza la pietà di se stessi, di cui nessuna classe non riuscirà mai a spogliarsi.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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