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      Vorrà dire che vi è nei miei discorsi qualcosa che alla comunità dei miei conoscenti d'occasione pare fuori della logica comune, fuori della storia finora vissuta. Perché altri — non d'occasione — mi trovano logico, ed io non mi meraviglio delle loro affermazioni. Vuol dire che noi che non ci diamo a vicenda del matto, e siamo piú di 2016, e cresciamo ogni giorno di numero, abbiamo trovato, abbiamo ereditato fra le nostre esperienze particolari, di classe, che sono piú strettamente nostre, e ci accompagnano (verbo di formazione simile ad affratellano, ma matto mentre questo è savio), un nesso, un modo, una qualità del nostro pensiero che è nuova, che non può essere degli altri. Essa è il sale, ciò che dà sapore alla nostra coscienza, ciò che fa di noi iniziatori di una nuova storia, di un nuovo linguaggio, di un nuovo costume. Matto vorrà dunque dire nuovo, diverso.
      E allora, gli diano anche il senso di aberrante, le mie conoscenze. Non posso davvero offendermene.
      (30 luglio 1916).
     
     
      L'APPELLO Al PARGOLI
     
      I piccoli non hanno suggerimenti da prestare ai generali sui campi di battaglia, o consigli da rivolgere ai governanti: sono esseri deboli, ma nel candore dell'anima, nella purezza del loro amore costituiscono la classe privilegiata nella grande famiglia cristiana. I loro suggerimenti li hanno per Iddio: sui campi di battaglia sta il padre loro, sta forse qualche fratello, l'affetto che essi nutrono per i loro cari suggerirà quelle espressioni che gli uomini non sanno intendere, ma che Iddio, l'amico piú tenero dei fanciulli e nel cui potere sta la sorte e la vita delle nazioni, non solo sa comprendere ma sa esaudire.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Iddio Iddio