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      Date loro un mignolino di tolleranza e se ne prendono una spanna. Gentaccia, già si sa. Un vocio intenso, sorde imprecazioni fra i denti. Il sorvegliante d'ordine osserva e non è avaro nello stendere rapporti contro i sobillatori, contro quelli che predicano la ribellione. Perché, come è noto, il disordine è sempre nel basso, e protestare contro chi non fa il proprio dovere, non è tendenza all'ordine, è ribellione.
      Ma il... veterinario arriva finalmente, e i quaranta operai si preparano per sfilargli innanzi a turno. Primo, un piccolo vecchio timidissimo, che si raggomitola tutto innanzi alla superba mole del suo giudice dai baffi spinosamente spavaldi. Dice umilmente che si sente stanco, che le tredici ore di lavoro intenso, gli straordinari lo schiantano; gli dolgono le reni, ha frequenti nausee... Uno sguardo complessivo: un purgante e l'ordine di continuare con le tredici ore.
      Il secondo operaio ha una scheggia in un occhio; l'estirpazione è rapidissima; le pinze frugano nella piaga... proprio come nei paesi di montagna i flebotomi con le tenaglie rugginose frugano nella gola del cavallo per togliere la sanguisuga ingurgitata con l'acqua dei ruscelli. E non vale il mal di capo spiegabilissimo; bisogna ritornare alle due. A un tentativo di protesta, il Dulcamara nota nome e cognome annunziando una visitina dei reali carabinieri in caso di assenza.
      La sirena annunzia la cessazione del lavoro. Il numero dei visitandi si fa piú esiguo. Molti operai abitano lontano, bisogna essere di ritorno in orario, e bisogna pur mangiare; il dottore è soddisfattissimo: se vanno via.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





Dulcamara