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      È insomma coscienza diffusa in ogni cittadino che senta la sua dignità di uomo, di avere il diritto di tutelare la sua libertà di vita, la scelta delle sue abitudini, la distribuzione della sua attività, ad ogni costo, e di avere il diritto di proibire agli sconosciuti curiosi di porre il naso nella sua vita privata.
      Tutto ciò è semplice, piano e nessuno oserebbe farne argomento di contestazione. Eppure vi sono degli uomini che si vedono inseguiti nella pubblica via alle ore piú impossibili della notte e non possono protestare. Vi sono delle case private che debbono sopportare la sorveglianza degli sconosciuti che spiano, ascoltano, domandano informazioni, senza che determinati inquilini possano protestare. Vi è un edifizio privato, che non può essere chiuso dalla legge perché nessuna autorità lo ritiene covo di malviventi, luogo di convegno di ladri o di assassini, ed i passanti vedono sul suo marciapiede degli sconosciuti accoccolati che ascoltano, prendono appunti, senza che nessuno possa sapere chi sono, e senza che nessuno senta d'avere il diritto di servirsi della frusta contro di essi, come contro i cani randagi.
      Perché se uno, inseguito, domanda spiegazioni al pedinatore, può vedersi mettere sotto il naso una targhetta con un numero, oppure piú spicciamente può essere trascinato in un corpo di guardia, essere caricato lui di bastonate, e prendersi una condanna per oltraggio ad un agente. Perché uno deve, nel regno d'Italia, ritenere che ogni borghese sia un agente, e lasciarsi borseggiare per paura che il presunto ladro sia invece un agente e possa fare andare in galera il borseggiato.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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