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      E se si guardano questi poveri attori, che goffamente si agitano, goffamente cantano ogni tanto o sgambettano pigramente, e ripetono con convinzione delle freddure stantie, aspettando l'applauso che non viene mai, si sente una infinita pietà. Perché si ha un bel riflettere che, in fondo, chi si riduce a buffoneggiare e a far smorfie non può aspettare l'alloro e la palma. Si ha un bel riflettere che questa accozzaglia di uomini e di donne che non sa far altro che imitare le marionette, in fondo si spoglia di ogni decoro umano, e vuol far dimenticare che esiste una dignità umana. Rimane il dubbio che la punizione sia troppo grave, che il pubblico sia troppo intelligente anche nei suburbi, e che lo stormire delle fronde, lo scroscio delle acque, il raggio di luna che filtra sotto la tettoia dovrebbero fargli fare il sacrifizio del tavolino con la bibita, per lasciare a se stessi, alle loro malinconiche esercitazioni questi uomini e queste donne dai visi troppo coloriti, dagli abiti troppo stonati con le facce che hanno un residuo della placida onestà piccolo borghese. Invece... Invece questi attori credono sul serio di continuare la tradizione dialettale e si propongono di abbandonare per sempre il baraccone e i tavolini con le bibite, per fondare un teatro stabile, e indicono un grande concorso per la miglior commedia che drammatizzi i sentimenti patrio-gianduieschi suscitati dalla guerra. Cosí l'illusione creata dal compatimento benevolo crea sempre le disgrazie e i suicidi.
      (30 agosto 1916).


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742