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      SANT'ABBONDIO
     
      31 agosto: Sant'Abbondio. Un nome che ormai è solo un personaggio, una figura tipica. Un personaggio che vivrà nell'arte eternamente perché ritrae un carattere eterno, quello degli uomini che non hanno carattere. «Don Abbondio non era un leone», dice il Manzoni, e siccome la mala sorte lo fece vivere in un tempo malvagio in cui i non leoni venivano divorati, e in cui la forza era l'unica ispiratrice della cosiddetta giustizia di questo mondo, cosí egli si fece prete, per essere lasciato in pace. Predicò il cristianesimo, ma per paura dei forti abbandonò alla loro sorte i miseri e mentre un suo gesto audace, quanto deve essere audace il compimento del dovere, avrebbe evitato il male, egli lasciò che il male si compiesse perché aveva paura della vendetta e temeva di perdere il suo cantuccino riposato e il suo bicchiere quotidiano di buon vino.
      Sant'Abbondio, attraverso Manzoni, ha sostituito S. Pietro nella funzione di pietra angolare della chiesa. Potete immaginare Abbondio che recide un orecchio a chicchessia? Potete immaginare il «Momento» che sconfessa Saverio Fino o Pietro Gribaudi, pietre angolari della sua intellettualità, perché andati a riverire S. E. Filippo Meda e ad applaudire le sue parole di uomo che vuole andare a fondo nella vittoria? Sentite la strigliatina dell'«Osservatore Romano»?
      È vero o non è vero che la rivoluzione italiana è stata disgraziatamente fatta tutta in odio alla religione cattolica, al suo capo, ai suoi ministri, alle sue istituzioni?


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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