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      (7 settembre 1916).
     
     
      LA SCUOLA ALL'OFFICINA
     
      L'officina fa scrivere dei ditirambi. L'officina, si legge, trasformerà la scuola, ridarà sangue e spirito giovanile alla scuola. I giovanetti che andranno in mezzo agli operai, che saranno posti a contatto con una vita meno artificiosa, meno mollemente smidollatrice di quella loro solita di famiglia, si trasformeranno, e ne verrà fuori la generazione che si aspetta per rinnovare la vita italiana, per rendere piú realisticamente succosa la vita italiana. È l'Inghilterra che dà il modello per le ipotesi. È una generazione all'inglese che si vuol preparare. Il nuovo ministro dell'istruzione pubblica dà il suo placet. Lascia circolare una infinità di voci. Esenzione dalle tasse, facilitazioni degli esami, riduzioni dei programmi scolastici. E i professori, per non sembrare antipatriotti, dovranno chinare il capo. E i padri di famiglia, per non sembrare sabotatori della guerra, dovranno lasciare che i loro figliuoli non studino per lavorare alle munizioni, e nello stesso tempo non si specializzino nel lavoro, non esagerino nel diventare troppo operai, perché dovranno diventare qualcosa con la scuola e non con l'officina. La solita retorica verbosa sta costruendo la maglia di pregiudizi, di convenienze in cui sarà strozzata la scuola, e sarà strozzata una certa quantità di giovani. Si innalza l'officina e si deprime la scuola, a parole, per imitare l'Inghilterra, dove invece sono tenute alte tanto la scuola che l'officina. Dove la scuola non è pagata dallo Stato e non serve a creare degli impiegati, ma è pagata dai frequentatori che vogliono andarci, perché credono di essere piú utili studiando che lavorando manualmente.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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