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      Le idee diventano, sí: ma diventano atto, se sono vitali, se cioè rappresentano una necessità. Non c'è passaggio da idea a idea; c'è sostituzione. Ogni formazione sociale nuova che s'affaccia al limitare della storia, porta con sé le idee che, diventando atto, serviranno a soddisfare le necessità della sua vita futura. Il proletariato non può vivere l'idea territoriale di patria, perché esso è senza storia, perché esso non ha mai partecipato alla vita politica, perché non ha tradizioni di una vita collettiva che esca fuori dalla cerchia del comune. È diventato essere politico attraverso il socialismo; nella sua coscienza il territorio non ha concretezza spirituale; la necessità nazionale non riecheggia in nessun ricordo di passione specifica, di dolori, di martiri specifici. La sua passione, i suoi dolori, i suoi martiri li ha avuti per un'altra idea, per la liberazione dell'uomo da ogni schiavitú, per la conquista di ogni possibilità all'uomo come tale, che non ha territorio, che non conosce limiti all'infuori delle inibizioni della sua coscienza. Per il socialismo l'uomo è cosí ritornato ai suoi caratteri generici: ecco perché parliamo tanto di umanità e vogliamo l'Internazionale.
      (3 novembre 1916).
     
     
      L'UOMO CHE ASPETTA QUALCOSA
     
      Conosco un uomo che ho casellato in una rubrica speciale, della mia memoria: l'uomo che aspetta qualcosa.
      Mi trovo volentieri, discorro volentieri con lui. È un osservatore imparziale della storia che gli si svolge intorno. Non è un uomo d'azione, perché non ha dato la sua adesione a nessun programma concreto.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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