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      Leggete dei libri interi incorniciati di auree massime, e queste ci fanno l'impressione di un bisaccia ricolma di foglie secche. Il caso vi mette innanzi la quarta pagina di un giornale della sera. C'è in essa tanto di sapienza, quanto ne può bastare al piú avido rosicchiatore di Minerva. La sciarada: la sapienza ermetica, per arrivare alla quale occorre possedere le sette chiavi del tempio salomonico, o l'apriti sesamo dei quaranta ladroni della caverna di Alí Babà. Il pensiero dell'uomo illustre, per esempio Arturo Graf, che seriamente, compostamente vi afferma che «l'insolenza nei grandi è odiosa, e nei piccoli è ridicola». C'è la dimostrazione attuale sulla necessità della guerra, di un modesto anonimo. Tre foglie morte. Che inutilmente battono alla soglia della coscienza, che inutilmente frusciano intorno. E invece la quarta vi attrae. È ancor verde la foglietta che forse si è staccata dall'adamitico albero del bene e del male. Cinque parole vi son scritte: cinque parole che messe cosí una dietro l'altra sembrano le piú banali, le piú stupide, le meno sapienti del mondo: «Chi ha bachi non dorma»... Ma perché dunque esse hanno questa virtù ricreatrice, che le impone alla nostra osservazione? Non sorridete: il pensiero maligno che si intravede nel vostro sorriso è privo di fondamento. Voi pensate che quel nome sostantivo sia pregnante, come dicono i grammatici, sia carico di tutti i succhi balsamici del simbolo, e voi pensate... Ma v'ingannate; in questo momento diventa verde anche la fogliuzza dell'uomo illustre; l'insolenza, ecc.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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