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      Perché sono tediosi i signori periferici, perché stancano i signori periferici? Forse perché sono essi personalmente noiosi? O perché sono essi personalmente seccanti e imbecilli? Non è per questo. O almeno non è solamente per questo. Sono paziente e capace di sorbirmi un discorso prolisso e seccante per la forma, purché in esso brilli qua e là un raggio di luce, purché in esso riesca a sentire uno sforzo per l'affermazione di una verità sacrosanta. Anzi, preferisco il tedioso discorso di un cittadino che, brancolando negli impacci di una intelligenza mediocre, faccia tuttavia omaggio alla sincerità e alla verità, allo sfarfallare leggero, dilettantesco, senza convinzione di un cosiddetto brillante ingegno.
      Ma nell'attività dei signori periferici tutto è opaco: il loro cervello e la loro tesi, i loro discorsi e il loro periferismo. Questa loro etichetta è un'astrazione, non è una realtà. Esiste la città nel suo complesso, non il centro e la periferia; in questa città esistono due classi di cittadini, proletari e borghesi, e non centrali e periferici. Esistono degli interessi unitari, siano essi borghesi, o siano proletari, ma non degli interessi centrali e periferici. Questa divisione geografica della città è assurda; questo voler fare della città due parti materialmente distinte e non distinte spiritualmente, storicamente, è di un assurdo grottesco. Se si deve dare maggiore illuminazione a una via, o si deve costruire una cloaca, o si deve spazzare una piazza, e non lo si fa alla periferia mentre lo si fa al centro, ciò avviene perché l'amministrazione comunale è un'accolta di trafficanti, è un accozzo di cattivi cittadini, che non sa quali siano i suoi doveri, che nel suo operare va a tastoni, caso per caso, senza sapere donde parte e dove voglia arrivare.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742