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      Ma per un borghese sono meno elastiche di quanto possa sembrare. Per un borghese che sia veramente cittadino del suo Stato o della sua città, morale, giustizia, rettitudine si concretano nella legge, per ciò che riguarda i rapporti scambievoli. Essendo il borghese uomo dell'ordine, come si dice, e non sovversivo, accetta le leggi del suo Stato e della sua città. Le accetta integralmente, perché non le combatte, perché non fa alcun tentativo per cambiarle, perché l'attività sua di cittadino tende alla conservazione e non alla sostituzione, alla rivoluzione. Ora osserva: il borghese fa le leggi, ma non le osserva, è impiegato, ma non lavora al suo ufficio, è ufficiale e non vuole andare alla guerra, è prete e non crede in Dio, è giudice ed è Casalegno. Il borghese tende con tutte le sue forze a diventare parassita delle sue idee, del suo programma, della sua nascita, della eredità di suo padre, della ignoranza dei suoi operai, della fama di suo padre, della indifferenza dei suoi amministrati. Il borghese vuole che le strade siano pulite, illuminate, che la patria sia difesa, che abbia molti cannoni, molti soldati, che la posta funzioni, che i treni vadano in orario, che molti poliziotti tutelino il suo portafoglio e tutte le altre infinite cose che gli assicurano il benessere attuale e cercano di portar questo al massimo grado raggiungibile. Bisogna spendere, bisogna sacrificare qualcosa, bisogna limitare questo benessere stesso per conservarlo e dargli incremento. Il borghese cerca di esimersi dal far ciò. Riversa sugli altri gli oneri, tiene per sé gli onori.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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