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      Essi difendono i loro egoismi, e questi non hanno neppure il merito di coincidere con gli interessi di una collettività ragguardevole. La formula del «sacro egoismo», cosí angustamente borghese, è stata da loro trasportata da una collettività di 30 milioni di abitanti, culminante negli interessi di poche centinaia di migliaia di capitalisti, a delle piccole regioni in cui vivono gli interessi di poche centinaia di capitalisti. La marmotta vuole tenersi tutta per sé l'acqua dolce; il granchio tutta l'acqua salata. I torrenti alpini devono aspettare a trasformarsi in elettricità fino a quando la marmotta si sia risvegliata dai suoi letarghi periodici e abbia creduto bene di usufruirne essa stessa. La Liguria sitibonda non deve avere acqua dolce finché alla marmotta piacerà di dormire: l'acqua dolce è sua perché è lei che vive nelle montagne, perché lei non ha sete, perché lei può aspettare. E il granchio si vendica: a chi non vuol dare acqua dolce egli non concede acqua salata. Il Piemonte deve rimanere asservito al porto di Genova, non deve avere uno sbocco piú comodo e piú alla mano. I privilegi della città marinara, che vuole accentrare in sé tutto il traffico del dentroterra, si ergono fieri e minacciosi contro i privilegi del montanaro che vuole riserbati a sé direttamente tutti i benefici e gli utili che le acque dei suoi monti possono dare. È l'eterno duello: ogni privilegio si trova contro un altro privilegio, ogni egoismo fa sorgere contro di sé un altro egoismo. E la lotta incomincia.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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