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      E Don Ferrante morí tranquillamente di contagio, convintissimo di essere la vittima innocente di un'ingiustizia, poiché moriva per causa di un accidente non esistente.
      Gaspar non verrà ucciso dal socialismo, ma certamente anch'egli un giorno crederà di essere la vittima di un'ingiustizia. E lo sarà. Ma l'ingiustizia sarà in rerum natura che ha organizzato il cervello di Gaspar cosí come era organizzato il cervello di Don Ferrante. Troppa logica, nessuna logica. Troppa precisione, nessuna precisione. Gaspar è imbozzolato; Gaspar si trova preso nelle strette della necessità dialettica dello stolto che per voler essere coerente si arrampica sui rasoi nell'esasperazione della stoltezza.
      Perché i socialisti italiani, sentendosi ben vivi, sentendo anzi questa loro vitalità diventare sempre piú espansiva, sempre piú dilagante, ritorcono a Don Ferrante la sua logica. E ragionano: poiché i socialisti non possono essere contro il diritto e la giustizia, e i socialisti italiani sono contro la guerra, necessariamente questa non è la guerra della giustizia e del diritto. È la guerra, la pura e semplice guerra, che ognuno riempie degli attributi specifici che piú gli son cari, ma che solo una forza caratterizza, la forza della classe borghese, che non è ancora sinonimo della giustizia e del diritto. Gaspar è Gaspar, non è neppure in Belgio; anzi la «Patrie Belge» dice che Gaspar non è neppure un individuo, ma è la maschera della massoneria francese. E la «Patrie Belge» conosce Gaspar piú di quanto Gaspar non conosca i socialisti italiani, i quali però, non esistono.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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