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      Diciamo queste cose perché risulti sempre piú chiaramente l'intimo carattere demagogico dell'azione clericale. Essa si esaurisce nelle belle parole, nelle esteriorità, non si approfondisce nei fatti, non cerca in nessun modo di operare sulla realtà per trasformarla, e specialmente per creare una coscienza diffusa del come le cose dovrebbero veramente essere. I clericali s'infiltrano nella vita pubblica solo per compiervi opera settaria, puramente particolaristica. Non fanno il bene per il bene, non compiono il dovere per il dovere. Il loro fine religioso stesso finisce con l'essere perduto di vista. Ciò che importa loro è l'apparenza di una loro forza, di una loro esistenza, che si manifesti in una grande quantità di persone che adempiano le pratiche del culto, in una grande quantità di persone che diano il voto ai loro candidati. Purché ci sia la pratica fanno a meno della fede; nel voto non ricercano un'anima, un'adesione ideale, una volontà che si prepara per un'affermazione di vita piú importante e piú profonda. Spolvero, esteriorità, macchinalità. Affermare e non fare, splendere e non rischiare, proclamare la carità ed essere freddamente crudeli, grettamente intolleranti.
      E i liberali lasciano che i clericali facciano aumentare l'antipatia per il loro metodo politico, per il loro patrimonio ideale. Passerà quest'inverno; al ricominciare della dolce stagione gli ammalati ritorneranno al lavoro, riprenderanno le loro operosità interrotte. E quando il freddo ricomincerà, e l'infermità non darà loro tregua e saranno costretti a ridomandare ricovero negli istituti pubblici, ritroveranno le stesse suore caritatevolmente ostili, persecutrici dei loro piú intimi e preziosi affetti, gli stessi medici che scroccano lo stipendio per non adempiere il loro mandato.


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742