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      Forse la mia fatica non sarà stata vana, e il sogno di gloria immortale, divisa coi piú illustri fondatori della patria, non svanirà come un effimero gioco di fuochi di bengala.
      (15 ottobre 1918).
     
     
      FURORE DIONISIACO
     
      Il cittadino Donato Bachi, che Nietzsche avrebbe preso ed immortalato come modello del perfetto filisteo, si è abbandonato, nelle colonne della «Gazzetta del Popolo», alla furia dionisiaca: ha vendemmiato nelle floride e soleggiate vigne degli opuscoli-appendice alla «Sigaretta», al «420», e ha pigiato, pigiato, tinto di dolcissimo mosto il mento e il crine, rossi i polpacci e le braccia tese a Febo; ha pigiato il «basso, il vile, il servo» popolo tedesco, la «spregevole unnica, gotica, arminica, teutoburgica» razza tedesca. Il cittadino Donato Bachi ha citato i nomi del Sommerfeld, del Frymann, del Bernhardi, di Napoleone, di Orione, del Legien, del Bernstein, del Kautsky, dell'Ostwald, di Federico Neumann, di Federico II, di Goethe, di Schiller, di Heine, di Leibniz, di Kant, di Fichte, di Bach, di Haydn, di Schubert, di Schumann, di Wagner, di Teutobochus, di Mario senza Silla, di Arminio, di Varo, di Treitschke (quanti prontuari degli uomini celebri deve aver pazientemente compulsato il cittadino Donato Bachi), e tutto ciò in due colonne della «Gazzetta del Popolo», tolto il pianterreno di «Chantecoq» e una notizia di cinque righe senza il titolo. Inoltre il cittadino Donato Bachi ha citato il nome di Nietzsche, lo ha difeso da chi in buona parte ne ha travisato le teorie e si è con speciale predilezione fermato su questo giudizio dell'Ecce Homo: «Dovunque giunge la Germania, essa corrompe la cultura».


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Sotto la mole
1916-1920
di Antonio Gramsci
pagine 742

   





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