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      Niente organizzazione, se non quella fascista; niente diritto di voto, se non per darlo ai rappresentanti agrari ed industriali. Questa la legalità che la borghesia riconosce, quando essa è costretta a ripudiare l'altra formale. L'esperienza di questi ultimi tempi non è dunque priva di insegnamenti per coloro che hanno prima onestamente creduto nella efficacia delle garanzie legali concesse dallo Statuto liberale borghese.
      Esiste un punto nella storia, in cui la borghesia è costretta a ripudiare ciò che essa stessa ha creato. Questo punto si è verificato in Italia. Non tener conto dell'esperienza che ne deriva o è ingenuità somma, meritevole delle piú severe sanzioni, o è malafede, la quale va spietatamente punita. Tale ci sembra in effetto il caso di quegli organizzatori socialisti che mostrano oggi di meravigliarsi, perché, ad esempio, il ministro on. Beneduce non riesce a far rispettare i contratti di lavoro. Per gente la quale tiene a dirsi ancora sul terreno della lotta di classe tutto ciò è enorme. È forse lecito ad un organizzatore, il quale pretenda di non aver rinnegati i princìpi di lotta di classe, chiedere ad un ministro di quali facoltà può disporre per impedire le violazioni da parte dei padroni dei concordati di lavoro? Simili domande non possono che ingenerare dubbi ed incertezze nella classe operaia. È naturale che il ministro del lavoro non abbia alcuna facoltà all'infuori di essere lo strumento in mano ad agrari ed industriali. Fino a quando gli organizzatori socialisti non sapranno fare di meglio che rivolgersi al ministro del lavoro, perché richiami i padroni al rispetto dei concordati, la classe operaia continuerà a subire tutte le violazioni, senza nemmeno potere organizzare una propria difesa.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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