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      Nelle grandi città industriali i fascisti sono soltanto riusciti a raccogliere gruppi sparsi, sempre costituiti da disoccupati e da elementi criminali, ai quali la tessera di adesione al fascio assicura l'impunità per gli atti di sabotaggio, i furti e gli atti di violenza contro i capi officina. Era dunque necessaria per la politica fascista la conquista delle masse proletarie.
      Il governo fascista può mantenersi al potere soltanto rendendo la vita impossibile a tutte le organizzazioni non fasciste. Mussolini ha fondato il suo potere sugli strati profondi di quella piccola borghesia che, non avendo nessuna funzione nella produzione e ignorando, di conseguenza, gli antagonismi e le contraddizioni che scaturiscono dal regime capitalistico, credevano fermamente che la lotta di classe fosse un'invenzione diabolica dei socialisti e dei comunisti. Tutta la concezione «gerarchica» del fascismo discende da questo spirito piccolo-borghese. Di qui il concetto di una società moderna costituita da una serie di piccole corporazioni organizzate sotto il controllo dell'élite fascista, nella quale si trovano concentrati tutti i pregiudizi e tutte le velleità utopistiche dell'ideologia piccolo-borghese. Di qui la necessità di creare un sindacalismo «integrale», che è una sintesi riveduta del sindacalismo cristiano democratico, in cui l'idea della nazione, elevata a divinità, si sostituisce all'idea religiosa.
      Questo bel programma fu ripudiato dagli industriali, che si sono rifiutati di dare la loro adesione alle corporazioni nazionali fasciste, in breve a sottomettersi al controllo dei Rossoni e C. I fascisti, in risposta al rifiuto degli industriali, si sono abbandonati, qualche mese fa, a una propaganda demagogica in grande stile, che si è spinta fino ad incitare gli operai metallurgici e tessili a preparare uno sciopero generale.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





Rossoni