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      Praticamente la contraddizione si risolve in una enorme buffonata: i liberi elettori sono andati alle urne a manifestare il loro diritto sovrano scortati da veri e propri plotoni di esecuzione. Si tenga conto dei morti, degli emigrati, dei carcerati che hanno anch'essi votato! E Mussolini ha ottenuto il 6 aprile 4.600.000 suffragi su 7.600.000 e 400 mandati su circa 536.
      Queste elezioni hanno però avuto una grande importanza: i loro risultati permettono di rendersi conto dell'orientamento generale della vita politica italiana.
      Prima del 6 aprile tra gli operai era largamente diffusa l'opinione che la borghesia progressiva radicale avrebbe fatto la sua «rivoluzione antifascista». Si diceva che la classe operaia avrebbe dovuto, per qualche tempo, cedere il posto sulla scena politica all'opposizione costituzionale, necessaria in questo momento storico. La tattica dell'astensione proposta dai riformisti (Turati) e il ripudio da parte dei riformisti e dei massimalisti della proposta comunista di un blocco operaio e contadino erano suggeriti da questa convinzione. Cosí si spiega anche la tattica del partito comunista che dovette, a suo rischio e pericolo, rompere con lo stato d'animo «liquidazionista» delle grandi masse. Le elezioni hanno dimostrato che l'opposizione costituzionale (Bonomi-Amendola) non ha nessuna forza nel paese: in tutta l'Italia settentrionale e centrale essa non ha ottenuto che i suffragi di un'infima minoranza antifascista; essa ha avuto solo un successo relativo nell'Italia meridionale, fra i contadini della Campania e della Sicilia, il che si spiega col fatto che il partito popolare (cattolico) in queste regioni è debole e infeudato ai grandi proprietari.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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