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      Ciò modifica la composizione della classe operaia torinese e la indebolisce; dà il mezzo agli industriali di far credere ad una soluzione da parte loro della questione meridionale: gli industriali assumerebbero i contadini meridionali impossibilitati di emigrare. Inoltre ciò può far nascere fra gli operai torinesi e quelli siciliani delle lotte che rappresenterebbero una debolezza per la massa e un vantaggio per gli industriali. Queste eventualità debbono preoccupare e debbono richiamare la nostra attenzione e la nostra vigilanza su quanto avviene alla Fiat.
      Di fronte al tentativo dei fascisti di far accettare i loro concordati dalle commissioni di fabbrica occorre condurci con grande abilità: se noi ci opporremo apertamente esporremo i compagni ad essere licenziati; bisogna agitare e muovere la massa. Non si può stabilire una regola costante per la nostra azione in questo campo, la quale deve essere dettata dalla situazione delle masse operaie nelle varie occasioni e circostanze. L'importante è che noi agitiamo fra gli operai le rivendicazioni che interessano la massa e ci presentiamo come i sostenitori degli interessi dei lavoratori, e specialmente di quelli piú sfruttati e meno retribuiti, e che ci opponiamo alla creazione di una situazione di privilegio per una aristocrazia operaia a danno del resto della massa; che ci opponiamo, ad esempio, al cottimo collettivo privilegiato, il quale da luogo alla formazione di nuove stratificazioni operaie.
      Noi non dobbiamo creare i quadri organizzativi per la Confederazione generale del lavoro o per i dirigenti di essa; ma dobbiamo sviluppare nelle fabbriche una azione di difesa sindacale nel senso di mantenere negli operai il concetto dell'organizzazione sindacale di classe, di creare intorno a noi l'organizzazione sindacale che, in un momento di eventuale ripresa del movimento, ricostituisca sulle nostre basi politiche e sulle nostre direttive la massima organizzazione proletaria, lasciandone fuori l'attuale burocrazia dirigente.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





Fiat Confederazione