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      Le due osservazioni non son contraddittorie: in Italia l'unità politica, territoriale, nazionale ha una scarsa tradizione (o forse nessuna tradizione, perché prima del 1870 l'Italia non è mai stata un corpo unito e anche il nome Italia, che al tempo dei romani indicava l'Italia meridionale e centrale fino alla Magra e al Rubicone, nel medioevo perdette terreno di fronte al nome Longobardia (vedere lo studio di C. Cipolla sul nome Italia, pubblicato negli Atti dell'Accademia di Torino). L'Italia ebbe e conservò però una tradizione culturale che non risale all'antichità classica, ma al periodo dal Trecento al Seicento e che fu ricollegata all'età classica dall'Umanesimo e dal Rinascimento. Questa unità culturale fu la base, molto debole invero, del Risorgimento e dell'unità per accentrare intorno alla borghesia gli strati piú attivi e intelligenti della popolazione, ed è ancora il sostrato del nazionalismo popolare: per l'assenza in questo sentimento dell'elemento politico-militare e politico-economico, cioè degli elementi che sono alla base della psicologia nazionalista francese o tedesca o americana, avviene che molti cosí detti «sovversivi» e «internazionalisti» siano «sciovinisti» in questo senso, senza credere di essere in contraddizione. Ciò che è da notarsi per capire la virulenza che assume talvolta questo sciovinismo culturale, è questo: che in Italia una maggior fioritura scientifica, artistica, letteraria ha coinciso col periodo di decadenza politica, militare, statale (Cinquecento-Seicento; spiegare questo fenomeno: cultura aulica, cortigiana, cioè quando la borghesia dei Comuni era in decadenza, e la ricchezza da produttiva era diventata usuraia, con concentrazioni di «lusso», preludio alla completa decadenza economica). Il concetto di rivoluzionario e di internazionalista, nel senso moderno della parola, è correlativo al concetto preciso di Stato e di classe: scarsa comprensione dello Stato significa scarsa coscienza di classe (comprensione dello Stato esiste non solo quando lo si difende, ma anche quando lo si attacca per rovesciarlo); quindi, scarsa efficienza dei partiti, ecc.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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