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      La quistione finanziaria rende molto interessante il problema della cosí detta indissolubilità tra trattato e concordato proclamata dal pontefice. Ammesso che il papa si trovasse nella necessità di ricorrere a questo mezzo politico di pressione sullo Stato, non si porrebbe subito il problema della restituzione delle somme riscosse (che sono legate appunto al trattato e non al concordato)? Ma esse sono cosí ingenti ed è pensabile che saranno state spese in gran parte nei primi anni, che la loro restituzione può ritenersi praticamente impossibile. Nessuno Stato potrebbe fare un cosí gran prestito al pontefice per trarlo d'imbarazzo, e tanto meno un privato o una banca. La denunzia del trattato scatenerebbe una tale crisi nella organizzazione pratica della Chiesa, che la solvibilità di questa, sia pure a grande scadenza, sarebbe annientata. La convenzione finanziaria annessa al trattato deve essere pertanto considerata come la parte essenziale del trattato stesso, come la garanzia di una quasi impossibilità di denunzia del trattato, prospettata per ragioni polemiche e di pressione politica.
      Brano di lettera di Leone XIII a Francesco Giuseppe: «E non taceremo, che in mezzo a tali impacci Ci manca pure il modo di sopperire del proprio alle incessanti e molteplici esigenze materiali, inerenti al governo della Chiesa. Vero è che ne vengono in soccorso le offerte spontanee della carità; ma Ci sta sempre innanzi con rammarico il pensiero che esse tornano di aggravio ai Nostri figli, e d'altra parte non si deve pretendere che inesauribile sia lo carità pubblica». «Del proprio» significa: «riscosse con imposte» dai cittadini di uno Stato pontificio, per i cui sacrifizi non si prova rammarico, a quanto pare; sembra naturale che le popolazioni italiane paghino le spese della Chiesa universale.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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