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      Vedi l'articolo di Curzio Malaparte, Una specie di accademia, nella Fiera letteraria del 3 giugno 1928: il Lavoro d'Italia avrebbe pagato 150.000 lire il romanzo Lo zar non è morto, scritto in cooperativa dai Dieci. «Per il "romanzo dei Dieci" i tesserati della confederazione, in grandissima maggioranza operai, hanno dovuto sborsare ben 150.000 lire. Perché? Per la sorprendente ragione che gli autori son dieci e che fra i Dieci figurano oltre i nomi del presidente e del segretario generale del "raduno" quelli del segretario nazionale e di due membri del direttorio del sindacato autori e scrittori!... Che cuccagna il sindacalismo intellettuale di Giacomo di Giacomo». Il Malaparte scrive ancora: «Se quei dirigenti, cui si riferisce il nostro discorso, fossero fascisti, non importa se di vecchia o di nuova data, avremmo seguito altra via per denunciare gli sperperi e le camorre: ci saremmo rivolti, cioè, al segretario del PNF. Ma trattandosi di personaggi senza tessera, politicamente poco puliti e mal compromessi alcuni, altri infilatisi nei sindacati all'ora del pranzo, abbiamo preferito sbrigar le cose senza scandalo (!), con queste quattro parole dette in pubblico». Questo pezzo è impagabile.
      Nell'articolo c'è poi un attacco vivace contro Bodrero, allora sottosegretario all'Istruzione pubblica e contro Fedele, ministro. Nella Fiera letteraria del 17 giugno, il Malaparte, pubblica un secondo articolo, Coda di un'accademia, in cui rincara sornionamente la dose contro Bodrero e Fedele.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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