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      Cosí il Morandi rimprovera assurdamente alla borghesia «il proposito deliberato e funestissimo di non aver tentato l'avventura salutare nel Sud, dove malamente la produzione agricola può ripagare i grandi sforzi che all'uomo richiede». Il Morandi non si domanda se la miseria del Sud non fosse determinata dalla legislazione protezionista che ha consentito Io sviluppo industriale del Nord e come poteva esistere un mercato interno da sfruttare coi dazi e altri privilegi, se il sistema protettivo si fosse esteso a tutta la penisola, trasformando l'economia rurale del Sud in economia industriale. Tuttavia, si può pensare a un tale regime protezionistico panitaliano, come un sistema per assicurare determinati redditi a certi gruppi sociali, cioè come un «regime salariale», e si può vedere qualcosa del genere nella protezione cerealicola, connessa alla protezione industriale, che funziona solo a favore dei grandi proprietari e dell'industria molitoria, ecc.
      Si rimprovera al Morandi l'eccessiva severità con cui giudica e condanna uomini e cose del passato, poiché basta fare un confronto tra le condizioni prima e dopo l'indipendenza per vedere che qualcosa si è pur fatta. Pare dubbio che si possa fare una storia della grande industria astraendo dai principali fattori (sviluppo demografico, politica finanziaria e doganale, ferrovie, ecc.), che hanno contribuito a determinare le caratteristiche economiche del periodo considerato. Critica molto giusta: una gran parte dell'attività della Destra storica, da Cavour al 1876, fu dedicata infatti a creare le condizioni tecniche generali in cui una grande industria fosse possibile e un grande capitalismo potesse diffondersi e prosperare; solo con l'avvento della Sinistra, e specialmente con Crispi, si ha la «fabbricazione dei fabbricanti» attraverso il protezionismo e i privilegi d'ogni genere.


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Sul fascismo
di Antonio Gramsci
pagine 418

   





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