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      Amava il paese e vi fece costruire delle chiese e probabilmente ingrandì anche il palazzo che i suoi nipoti, più tardi, abbellirono. Ai Colonna spetta pure il vanto di aver fatto costruire l'acquedotto, di cui ho parlato; e le pittoresche rovine dei bagni che stanno in un avvallamento del terreno, dinanzi alle porte della città, rivelano, per la grandiosità del loro stile, che autori ne furono i potenti baroni. Il loro palazzo o castello feudale era un tempo vasto e magnifico; oggi cade in rovina al pari di quasi tutti i palazzi della campagna romana.
      Il cortile, d'un gusto severo, col suo duplice colonnato elegante e leggero, ricorda quasi l'epoca del Bramante: ora, però, fra quelle colonne si vedono statue di marmo mutilate, senza testa, ma che, nello stato miserando in cui sono ridotte parlano con maggiore eloquenza all'animo del visitatore che se fossero tuttora intatte. Esse sono in perfetta armonia con quel palazzo deserto, e mi hanno fatto tornare alla mente certe descrizioni di castelli feudali in rovina, lette nei romanzi di Walter Scott. Una volta i Colonna avevano fatto dipingere sulle pareti di una loggia i panorami delle città comprese nei loro[23] vasti dominî: ora questi affreschi sono cancellati, come scomparsi sono i titoli ed i diritti dei loro signori. Unico abitatore, che percorre quelle sale vaste e abbandonate, simile ad un mago o ad un incantatore, è un vecchio medico dalla barba bianca, che vi ha stabilito la sua dimora e solo ne anima la profonda solitudine.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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