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      Il panorama[162] si stende da Roma, che si scorge confusa fra le nebbie nella pianura, fino ad Arpino, patria di Cicerone, che biancheggia sui monti azzurri del regno di Napoli.
      L'aria v'č fina, quasi cruda. Essa agita di continuo le rose selvatiche e le piante di ginestra, che crescono fra le rocce. Tutto ricorda tempi antichissimi, primitivi di fiera e selvaggia natura, e l'animo ne rimane profondamente turbato.
      Sono salito pił in alto, per arrivare alle famose mura ciclopiche che, come in tutte le cittą del Lazio, circondavano qui la rocca, cadendo a picco sul pendio del monte. I loro massi stanno tuttora connessi gli uni agli altri, come se l'opera fosse stata compiuta ieri soltanto: qua e lą si aprono piccole porte di stile etrusco. In fondo ad un lungo muro esiste ancora la famosa, pittoresca porta ciclopica, ad arco ottuso, formata da enormi massi quadrangolari. L'aspetto gigantesco di queste mura, la tinta cupa che il tempo le ha dato, le piante selvatiche che le ricoprono, la grandiositą del monte a cui si appoggiano, producono un'impressione che la parola non sa descrivere.
      Oltrepassata questa porta, mi sono trovato sul versante opposto del monte, dove sparisce la vista del Lazio. Esiste colą[163] pure una grandiosa cisterna circolare, scavata nella pietra, che ha 30 piedi almeno di diametro. Vi ho trovato delle donne intente a lavare i loro panni. Mi č capitato pił volte di vedere nelle cittą volsce siffatte grandi ed antiche cisterne, che sono veramente una loro caratteristica.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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