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      Ho bevuto a Nettuno del vino squisito, cosa non facile in questi anni in cui il dio Bacco è travagliato da fatale malattia. Un cittadino del luogo ci volle un giorno condurre nel suo tinello, come qui chiamano la cantina; è sceso segretamente in un nascondiglio sotto il suolo e ne ha tratto fuori uno stupendo vino rosso, quale non ne avevo più bevuto da Siracusa in poi.
      Sulla spiaggia di Nettuno ogni coltivazione cessa oltrepassata appena la città, cominciando quasi subito, in tutto il loro squallore, le paludi pontine che si estendono fin verso Terracina. Non più abitati sulla riva, solo sorgono qua e là, solitarie, alla distanza di circa due miglia l'una dall'altra, le antiche torri medioevali. L'aspetto di questa solitudine, di questo deserto, di questa mancanza di coltivazione è grandemente imponente. Pare quasi di non trovarsi più sulle classiche coste d'Italia, ma nei deserti dell'India o dell'America. Il frangersi continuo delle onde, lo scintillare del sole estivo sulla bianca, piana, monotona spiaggia, il cupo bosco infinito che accompagna per qualche centinaio di passi il mare, lo stridore dell'avvoltoio e del falco, il volo dell'aquila, che altissima si libra sulle ali in larghe spire, il calpestio ed il muggito[227] dei tori selvaggi, l'aria, le tinte, l'aspetto delle cose e degli elementi dànno veramente qui l'impressione di un mondo deserto e selvaggio.
      Il 28 giugno, il pittore ed io partimmo lungo questa spiaggia per recarci ad Astura, distante circa tre ore di cammino.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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