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      Entrammo quindi nel castello. Un ponte in muratura lo unisce alla spiaggia ed un ponte levatoio dà accesso all'interno. Nella piccola corte sorge la torre ottagonale che termina con una specie di terrazza, dove rimane un unico e arrugginito cannone. La guarnigione, composta di otto uomini, quando entrammo stava facendo gli esercizi nella piccola corte e don Pasquale, luogotenente di Astura, la stava guardando dal terrazzo con l'aria di chi[237] avrebbe voluto essere ovunque, fuori che lì. Ci condusse nel suo piccolo e meschino alloggio e ci fece vedere degli arabeschi pompeiani assai ben fatti: dipingendo egli trascorre le sue giornate in quella solitudine. Il luogotenente ci disse che ciascuna di queste torri della costa è attualmente custodita da otto uomini, comandati da un maresciallo o da un ufficiale e che le prescrizioni di vigilanza sono severissime, temendosi da parte dei mazziniani un colpo di mano.
      Visitammo tutto il castello composto di piccole e melanconiche stanze, dove il ragno tesse le sue tele e lo scorpione trova un ricovero nelle infinite screpolature dei muri; la vista però, tanto sulla pianura verdeggiante, quanto sul limpido mare, dove ora si vedono, ora spariscono le vele delle barche pescherecce, è bella e affascinante. La torre sembra fatta apposta per un bardo, che vi suoni l'arpa e vi muoia col canto del cigno, nell'ora in cui il sole scende in mare e tinge di color porpora il capo Circeo. In quell'ora regna sul mare una tale tranquillità, tale uno spirito di quiete che non si può descrivere; si direbbe che il sonno e la morte si librino sul mare e che quella barca che gira, come un'ombra, il capo Circeo, porta forse il dio del sonno spargente calma e riposo sulle onde.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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