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      Serve ora di caserma ai doganieri ed anzi uno di questi appena ci scorse, scese le scale e venne[258] a salutare i pescatori che ben conosceva, ed a verificare il loro passaporto. Lasciai i marinari sulla spiaggia e con la mia guida mi avviai verso San Felice. La posizione del villaggio e la piccola via che vi conduce mi hanno ricordato Capri. Ma il capo Circeo non ha null'altro, o ben poco, che lo faccia rassomigliare a quest'isola. Dopo un quarto d'ora di non faticosa salita sul declivio coperto di siepi e cespugli di mirto, mi è apparso il villaggio in una posizione veramente incantevole.
      San Felice sta su una piattaforma naturale, abbastanza larga, al di sopra si levano pareti boscose, dinanzi si apre l'immensa distesa e sotto, nella profondità, il mare turchino. Il paesetto ha poche strade rettilinee ma strette, sormontate dal castello baronale ed una decorosa chiesetta. Di fronte al castello si apre la piazza o strada principale. Le case sono, per solito, di un piano e prive di qualunque pretesa artistica. Fui non poco sorpreso dal fatto che un villaggio così antico e separato dal resto del mondo potesse avere il carattere di un borgo aperto. Che San Felice occupi il luogo dell'antica Circea, non può essere posto in dubbio, perchè non c'è in tutto il promontorio un'altra superficie libera e piana su cui potesse essere edificata una città.[259]Qualunque traccia di antica storia è scomparsa. E' vero che il palazzo dei Gaetani occupa evidentemente il terreno già occupato da una rocca medioevale che prima del dominio di quei duchi dovette appartenere ad uno dei loro predecessori, ma questo castello baronale non era l'antica Arx Circeji che doveva stare invece su una rupe enorme dominante la città, al disopra della quale ancora si vedono resti di mura ciclopiche larghe cinque piedi, e molti blocchi di pietra.


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Passeggiate per l'Italia
Volume Primo
di Ferdinand Gregorovius
Carboni Editore Roma
1906 pagine 270

   





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