Pagina (12/484)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Questi alla fine, vedendo di non poter far nulla di bene, ceduto il campo, s'eran ridotti sulla porta della chiesa a far, come chi dicesse, sentinella; e di lą, prima colle brusche, poi colle piacevoli, si sforzavano di piegare i pił vicini a questo almeno, che si cavassero la berretta o che calassero il cappuccio; ma tutti d'accordo per dispetto a tener in capo, a mettere, chi non ne avesse, a passar loro dinanzi, guardarli in muso, ridendo sotto i baffi, a spingere, risospingere, urtarli, provocarli con grida, con fischiate e schiamazzi.
      Il Pelagrua che era in chiesa, inginocchiato presso l'altare, volgeva il capo a quel rumore, e vedendo tanta gente, e notandone i volti e gli atti meno modesti, meno riguardosi del solito, cominciņ a provare in cuore una subita tenerezza per casa sua, una voglia spasimata di trovarsi chiuso dentro colla famiglia, colle sue buone guardie d'intorno: con tutto questo non ne facea dimostrazione per non tōrre il coraggio a' suoi e darne agli altri.
      Il sacerdote che celebrava, sotto scusa ora di soffiare il naso, ora di spurgarsi, or d'accennare al chierico pel messale o per le ampolline, si voltava indietro anch'egli e girava l'occhio sulla moltitudine irriverente; e quelle occhiate non gli racconciavan punto lo stomaco: quel benedetto vangelo, quel benedetto prefazio, non gli eran mai pił parsi tanto lunghi; avrebbe voluto essere all'ite missa est, s'affrettava quanto poteva per giungervi presto, ma non bisognava farsi scorger troppo. E che sarebbe poi stato se egli, se il Pelagrua, avessero potuto udire i discorsi che intanto si facevano al di fuori, e veder che aria vi tirava, e come la bollisse forte?


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Pelagrua Pelagrua