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      - Oh, il Signore vi ha mandato! - diceva la poverina tremando e balbettando, - egli ve ne renda merito: non per me, non per me, ma per questo mio povero angioletto, - e così dicendo, stringeva le vesti del pievano, e le baciava, e le bagnava di lagrime in un delirio di gioia e di riconoscenza. - E mio marito? - domandò poi con un atto ed un volto pieno d'ansietà e di spavento.
      - È salvo, - rispondeva il parroco, e continuava: - Per ora non è bene che vi lasciate vedere qui d'intorno; uscite di lì, - e le accennava un usciolo segreto che si apriva sulla sinistra verso la montagna: - pigliate il sentiero che mena al castello, e pregate anche in nome mio il conte che vi dia ricetto almanco per questa notte.
      - Oh! ma non vorrà, che...
      - Ebbene, presentatevi ad Ermelinda, ditele... non fa d'uopo che le diciate niente; siete bisognosa d'aiuto, la contessa vi accoglierà premurosamente, sono sicuro. Andate, che Dio v'accompagni.
      La donna partì, e il pievano tornato sul piazzaletto, dove la folla stavasi tuttavia intorno al figlio del falconiere: - Sentite, - si mise a gridare, - perchè la cosa proceda giustamente e nella debita forma, chè non s'abbia poi a poterci apporre nulla dal Messo e dall'avvocato di là, che hanno più trappole e più uncini alle mani che capegli in capo, bisognerà toccar la majola, e congregar vicinanza per nominare vostro campione questo buon giovane che Dio v'ha mandato.
      Ed ecco di lì a poco venir fuori il sagrestano del paese, su d'un ballatoio che dava sul sagrato, e cominciare a battere con due martelletti su d'un certo ordigno composto d'una lamina di bronzo incastrata nel mezzo d'una tavola riquadrata, traendone uno squillo acuto in una certa qual cadenza, con certi affettamenti e certe pose, il che dicevasi sonare ad aringo, o arengo, e l'ordigno era detto malliola o majola, forse da malleus, il martello con cui si percuoteva, o più verisimilmente da mallum, giudizio, placito, adunanza, che si congregava a quel suono.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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