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      Per far conoscere un po' questa gente, riferiremo un dialogo che si tenne in chiesa tra un cacciatore di Pagnona, un paesello sulla schiena del Legnone, e un fornaio di Mandello, che è un grosso borgo alla riva del lago, andando verso Lecco. Il cacciatore aveva una gonnella di mezzalana color di piombo, che gli scendeva fin quasi al ginocchio; un paio di brache, o panni di gamba, come si chiamavano allora, strette alla carne, che davano fino alla noce; i piedi in due zoccoli colle guigge di corda, e la pianta armata di lunghe punte di ferro, colle quali quei montanari sogliono assicurare il passo correndo sulle creste dei loro monti, sull'orlo di precipizi spaventosi: portava ad armacollo una botticina e un corno, e dietro le spalle un arco di frassino con alcune saette legate alla corda. Il fornaio aveva in dosso un giubberello di panno bianco colle maniche strette ai polsi da alcuni bottoncini d'ottone, una gabbanella orlata di pelle d'orso, una berretta quadra in capo, e una daga arrugginita fra mano.
      Stava quest'ultimo appoggiato con una spalla alla pila dell'acquasanta, dando mente alle chiacchiere che si facevano d'intorno, quando vide passarsi da presso il cacciatore, e mettendogli una mano su d'una spalla: - Ohe! Lorenzino, - gli disse, - anche tu a Bellano?
      - Anch'io, sicuro, che vuoi? quel maledetto Crivello non lascia aver requie, che gli nasca il vermocane!
      - Zitto per carità, non sai che è una bestemmia proibita dagli statuti codesta? e che ne va dieci lire di terzuoli, o la scopa?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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