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      Prese l'aspersorio dalle mani di quel suo chiericone posticcio, e: - Dà qui la secchiolina dell'acqua santa, - gli disse.
      - Nelle pile della chiesa non ne abbiam trovata, - rispose il soldato.
      - Non c'è acqua santa? bene, valga il vin benedetto, che è di quel della cantina dell'arcivescovo. - Fe' cavar la celata a quel suo aiutante, vi versò dentro il vino avanzato nel fiasco, intinse in quello l'aspersorio, e spruzzatene le armi diede uno scappellotto al chierico accennandogli che piegasse il capo e dicesse amen, e quegli ghignando fece e disse tutto che gli veniva imposto.
      - La sgocciolatura degli orciolini suol essere proveccio del cherico, - disse da ultimo il buffone al soldato; - a te, da bravo.
      Questi, presa la celata a due mani, gridò: - Alla salute di chi avrà il di sopra nel duello! - e tracannossi il vino.
      Vari erano stati i sentimenti della moltitudine spettatrice di quella scena stravagante. Alcuni tenevano che la benedizione, quantunque data da quel pazzerone a quella guisa, valesse, e non eran però rimasti scandolezzati più che tanto di tutte le buffonerie che vi s'eran mischiate, come potrebbe per avventura parere a noi; perocchè in tant'anni che durava l'interdetto, ne avean viste, ne avean sentite raccontare tante di stravaganti e di feroci, verso le quali questa potea passar per una baia innocente: alcuni più timorati pensavano com'era infatti, che il Tremacoldo avesse convertito quella cerimonia in una zannata per iscapolarsela dall'impegno del benedire davvero in tempo d'interdetto: altri, senza andar più in là, ridevano di cuore delle scurrilità del giullare: fatto è che non ci fu chi trovasse a ridir più nulla.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Tremacoldo