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      Ma, o fosse naturale istinto per ripararsi la faccia, o un movimento fatto a caso, venne a dar giù prima il gomito sinistro, e si ripiegò poi su quello, in modo che il capo del caduto trovossi appoggiato alla targa, e non toccava l'arena.
      Il padre di Lupo in tutto quel tempo non avea fatto che accompagnar cogli occhi, col volto, colla persona, con tutto l'animo il figlio in ogni suo movimento. Ora ritraendo il capo nelle spalle si rannicchiava, si raggruppava tutto, si faceva piccin piccino, come per cansare un colpo che gli vedeva diretto; ora puntando de' piedi in terra, stringendo con tutto il nerbo la sbarra a cui stava appoggiato, si levava ritto sopra di sè, per dar più vigore ad una percossa che il figliuolo menava al suo avversario. Quando da ultimo ebbe scorto il Ramengo stramazzato sulla sabbia, levò gli occhi al cielo e si sentì vacillar la mente.
      In quel punto scoppiò un grido somigliante al muggir del tuono, e il padre mezzo stordito potè inebriarsi dei vanti e delle lodi che venivano date al suo figlio.
      - Viva Lupo, viva il figlio del falconiere, vivano i Limontini, - si gridava da tutte bande.
      Ma l'avvocato Garbagnate, il quale prima che si cominciasse il combattimento era disceso di bel nuovo nella sala dei signori, domandava in questo mezzo ad Ottorino: - Vi par egli che il Ramengo sia morto?
      - Morto? nemmen per sogno; gli esce, è vero, il sangue dalle narici e dalle orecchie, ma non è nulla; un po' d'intronamento che tosto passa.
      - Dunque, bisognerà avvertir Lupo che gli faccia mettere il capo sulla terra nuda, senza di che potranno cavar fuori qualche altra gretola, e dire che non è stata vinta la prova.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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