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      In fatti i nostri statuti non dichiaravano vincitore chi combatteva in un duello per giudizio di Dio, finchè non avesse fatta toccare all'avversario la terra col capo, o non l'avesse cacciato fuori dello steccato.
      Il conte del Balzo intese quell'avvertimento dato dal Garbagnate, e un po' perchè desiderava davvero che ai Limontini giovasse la vittoria riportata dal loro campione, un po' per quella benedetta smania di passar egli per un gran saccente, gridò a Lupo, come se fosse una sua pensata, che facesse quel tanto che il Garbagnate avea suggerito. Ma non avea appena gustate le lodi che gli vennero date per questo dalla maggior parte dei signori ivi radunati, che s'accorse di aver fatto un marrone, d'essersi lasciato ire ad un atto che poteva comprometterlo coll'abate, e se ne pentì dappoi quelle poche volte, ed ebbe a pagare quel tantino di vanità con tanti batticuori che Dio vel dica.
      Lupo, prima del combattimento, era stato ammaestrato dal Garbagnate a parte a parte di quanto si richiedesse per uscirne a onore, ma non essendo avvezzo agli arzigogoli, agli uncini a cui sogliono attaccarsi gli storcileggi, aveva creduto, vedendo il Ramengo per terra lungo e disteso, che non ci potesse più esser ostacolo alcuno, e però quando sentì darsi dal Conte quel tale avvertimento: - Fargli dar del capo in terra! - diceva fra sè, - ma non è qui disteso come morto? che cosa vogliono di più? - Gli venne dunque in mente, per uscir d'ogni dubbio, di metter l'avversario fuori dell'arena, e chinatosi sopra di lui che non dava ancor segno di vita, l'afferrò per la cintura, sollevollo di peso, se lo caricò sulle spalle, e fece correndo il giro dello steccato; poscia fermatosi presso la sbarra, e accennato a chi stava d'intorno di ritrarsi da una banda, diede prima un po' d'andata e finalmente un grande spintone, con che gittò fuori, come si farebbe d'un sacco di grano, quel tristaccio che andò ruzzolando a dar nelle gambe dei soldati e degli spettatori.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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