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      Ma al di dentro, dopo che ebbero favellato un poco dei fatti di quel giorno, il padre di Bice diede una svolta al discorso per entrare a parlare di Marco Visconti; e raccontare al giovane ospite una cosa ch'ei sapeva già da un pezzo, una cosa che il conte era solito raccontare a tutti quanti, cioè com'egli alla scuola fosse stato compagno di quel famoso capitano. - Abbiamo studiato insieme il trivio e il quatrivio, e da ultimo anche ragione e decreto, - diceva egli, - e Marco era uno dei più valenti, anzi, per dirla, non ve n'avea che un solo che gli potesse star a petto, - e fece un risolino d'una certa modestia sguaiata col quale dava troppo apertamente a vedere chi fosse quell'uno ch'ei non nominava: ma temendo ancora che Ottorino non avesse forse bastante acume per interpretare quella sua reticenza: - Siamo sempre stati due i competitori, - seguitava, - e mi ricordo delle dispute che avemmo insieme quando venne fuori il libro De Monarchia di Dante Alighieri, libro velenoso che fu poi fatto bruciare per mano del carnefice come meritava; e Marco insatanassato nelle sue ghibellinerie volea sostenerlo a spada tratta. Vi so dir io, che n'abbiam fatto strepiti e grida la nostra parte: con tutto ciò eravam sempre buoni amici.
      - In fatti, so che m'ha parlato più d'una volta di voi nei tempi addietro, - rispondeva Ottorino.
      - Dite davvero? e che cosa vi diceva?
      - Sapendo ch'io era stato in tanta strettezza col vostro povero Lionetto, e che avea passato molto tempo al castello di Limonta, mi veniva interrogando di tutto quello che vi riguardava, tanto voi quanto la contessa, della quale diceva ogni bene.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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