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      Nel momento di quella rovina, il giovane cavaliere non si perdette d'animo: avvisato tostamente un ronchione, fu tosto a spiccare un salto e gettarvisi sopra, traendosi dietro colla mano destra la catena; ma l'onda ripercossa dal monte si portò via subitamente la nave, e avrebbe strappato giù il cavaliere, s'ei non si fosse attenuto fortemente al sasso che avea preso. Sopravvenne un altro cavallone, e la barca si trovò di nuovo sullo scoglio. Ottorino questa volta fu lesto ad abbrancarne la sponda: Lupo, il falconiere, e l'altro barcaiuolo, che eran in piedi sulla proda e stavano avvisati, ne balzaron fuori in un momento, e tutti insieme ebber tanto di ventura da poter avvolgere la catena intorno a un caprifico sorgente da un crepaccio. La nave costretta a quel modo contro la rupe colla punta alta fuor dell'acqua, a guisa d'un toro preso al laccio, s'andava dibattendo e tramutando nei fianchi, spinta or in qua, or in là colla poppa, a grado dei fiotti che non restavano dal darle travaglio; ma non se ne potè più staccare.
      Ottorino e gli altri scampati, tosto ch'ebbero ridotto in salvo il conte del Balzo e la sua figlia, si sparsero turbati e premurosi per ogni parte del vasto masso ineguale, guardando se si vedesse ricomparire il naufragato. Solo il padre di questo che era stato l'ultimo a uscir della barca, e in quella confusione, in quel rimescolamento non s'era per anco accorto ch'ei mancasse, sedutosi al basso col troncone d'un remo sulle ginocchia lo veniva cercando col guardo fra gli altri scampati, ma senza inquietezza, certo che nessuno fosse pericolato.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Lupo Balzo