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      - Gli è un giovine di garbo, - diceva egli, - non come codesti sbarbatelli d'oggi giorno, che non sono appena usciti di bambino e già pretendono d'insegnare ai dottori. Hai veduto? - domandò una volta a Bice, - hai veduto ieri sera quando gli spiegava le ragioni per cui il combattimento di Lupo col Ramengo si deve ritener nullo, come mi stette attento forse un paio d'ore senza batter palpebra? - Ed era la pura verità, perchè in tutto quel tempo il garzone, che stava seduto presso la fanciulla, era, come suoi dirsi, in estasi, e non aveva ascoltata nè pure una sillaba.
      Che se Ermelinda s'arrischiava qualche volta coll'usata sua modestia di ripigliare il marito, di volerlo persuadere che stesse un po' più in guardia; egli chiamava sogni e pazzie i suoi sospetti, e col levarle un gran rumore in capo la forzava a tacersi. La buona donna non potendo, come avrebbe desiderato, chiarire a dirittura la cosa parlandone con ischiettezza allo stesso Ottorino, perocchè il Conte gliel'avea inibito con una gran risoluzione, dovette star contenta al solo spediente che le rimaneva, di scrivere a Como per certificarsi intorno alla verità e alla condizione degl'impegni che il giovine potesse avervi preso; e intanto che aspettava le informazioni domandate, vigilare con ogni riguardo la figlia e studiarsi di stornarla dalla presenza del giovane e di sviarlene il pensiero.
      La fanciulla, una testolina alquanto capricciosetta, come tutti i figliuoli viziati, in fondo però era una pasta di mele: come accade, ella avea sempre amato con maggior riverenza, e dirò pure con maggior tenerezza, la madre, qualche volta per necessità un po' severa, che non il Conte con tutta la sua indulgenza; era più contenta d'un sorriso, d'una amorevolezza che avesse ottenuto da lei, che di tutte le dimostrazioni del padre.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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