Pagina (89/484)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Il garzone giunto presso al cavallo ne prese le briglie dalle mani d'un paggio e le porse alla fanciulla; quindi piegato un ginocchio in terra, dell'altro fece predella al bel piede di lei, che toccatolo appena leggera leggera, spiccò un salto aggiustato e fu in sella.
      Ottorino le si mise alla staffa, il padre prese familiarmente il giovane per un braccio, e s'avviarono a piedi seguiti dal falconiere e da quattro paggi con falchi in pugno e i cani a lassa.
      Il Conte cominciò a parlar de' suoi bracchi e de' suoi sparvieri col giovane, il quale, pensate voi, con che attenzione l'ascoltasse, vedendosi Bice a lato che non profferiva parola, che non gli levava mai gli occhi in volto.
      Egli dopo d'averle domandato se si sentisse male, se le occorresse nulla, come trovasse amena quella cavalcata, che le paresse del tempo, della stagione, ed altrettali novelle, si tacque del tutto, chè l'aria con cui ella accolse quelle domande, gli aveva tolto ogni baldanza di fargliene delle nuove. E così il campo restò tutto quanto al Conte che lo corse in lungo e in largo come suo.
      Dopo forse un paio d'ore giunsero in un salvatico di castagni, dove i paggi di falconeria sciolsero dal guinzaglio i cani, che si sbandarono in qua e in là fiutando coi musi bassi, intanto che i signori e Ambrogio salivano in cima d'un poggio d'onde si dominava la caccia.
      Non vi erano appena giunti, che il Conte volgendosi alla figlia le diceva: - Bada alla Diana che ci sente, - e le additava un bracco che veniva alla loro volta tutto intento e col naso a terra, dimenando la coda.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





Conte Bice Conte Ambrogio Conte Diana