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      La fanciulla, dai detti e più ancora dal turbamento del giovine fu fatta certa della verità di quanto le aveva annunziato la madre. Tutto ad un tratto ella rimase come atterrata, come annientata; ma ripigliando poi tosto sè stessa, e facendosi onta di quella sua abbiezione, sentì rinascere in cuore quel suo orgoglio disdegnoso, lusingato in lei tanto tempo dall'abitudine di veder ogni cosa cedere innanzi a un suo desiderio: e però mostrandosi da quel punto tutta intenta ai cani, ai falchi, come se avesse posto veracemente tutto l'animo suo nei varii casi della caccia, non si staccò mai più in tutta la giornata dai fianchi del padre, non volse mai una parola, uno sguardo ad Ottorino, tanto che riuscì a fargli tornar in veleno tutta la gioia ch'ei s'era promessa in quel giorno.
      La mattina dopo, il giovane cavaliere partì in compagnia di Lupo alla volta di Milano; ed ella pasciuta, inebbriata del suo cruccio, a tutta prima ne provò una vera consolazione. La madre in quel giorno le si mostrò contegnosa e severa; e questo pure non fece che crescerle la rabbia: lungi dal riconoscere il suo fallo, in quello stizzoso ribollimento, si figurava d'esser lei la gravata. Fantastica, rincrescevole con tutti, la sera si coricò presto; e l'ancella che la vide rannuvolata come il temporale, le lasciò il lume acceso, e uscì ratta ratta. Ella prese d'in sul tavolino che stava a canto al letto un volume in pergamena legato in cuoio, ch'era l'Inferno di Dante. Quando Lauretta la sera innanzi le volea dar da leggere un libro con su i diavoli e le anime dannate, era appunto questo, perchè infatti al principio di ogni canto v'era una miniatura che figurava quello che in esso veniva descritto.


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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