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      Castel Seprio e la Martesana conoscono ancora la mia voce
      , (questi distretti erano feudi di Marco), "gli amici della repubblica non sono spenti, il leone dorme, ma quand'io l'abbia svegliato farà intendere i suoi ruggiti fino al Vaticano; lo sbarbato ebrioso (con questi appellativi si soleva in Milano denotare Lodovico il Bavaro) se ne morderà presto le mani. Viva la Chiesa, e muoiano i traditori della patria! è l'antico mio grido di guerra".
      Per intendere la forza di quest'ultime parole, bisogna sapere che Marco le avea gridate otto anni prima nel punto che, sconfitte le genti del papa, s'avventava addosso ad alcuni fuorusciti milanesi che combattevano fra esse. Parole che acquistarono a quel tempo molta celebrità, e che lasciavano comprendere fin d'allora che nel suo segreto il Visconti non era nemico della Chiesa quantunque le stesse contro coll'armi in mano.
      Finita la lettera, il segretario uscì, e Marco disse ad Ottorino con un sorriso: - Sei pur tornato! aspettavi proprio che ti mandassi l'ambasciatore, è vero?
      - Io non credetti... - cominciava il giovine scusandosi.
      - Basta, basta, adesso sei qui, e ti perdono tutto. - Si ricambiarono alcune altre parole; quindi Marco, mettendo famigliarmente una mano su d'una spalla al cugino, si fece a narrargli le cagioni che l'avean determinato a riconciliarsi col pontefice d'Avignone, e gli fece parte di tutti i suoi nuovi disegni.
      - Sicchè viva papa Giovanni! - esclamò Ottorino; - ma, e Nicolò V? quello per cui ci siamo sbracciati finora, che cosa diverrà?


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Marco Visconti - Storia del Trecento cavata dalle cronache di quel tempo e raccontata da Tommaso Grossi
di Tommaso Grossi
Vallardi Editore Milano
1958 pagine 484

   





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